Così quieta l’inadeguatezza interiore che tendo ad accettarla e a conviverci, ma silenziosa mi lacera e si fa spazio tra le viscere, avvelena la mente, la tengo a bada, la sottovaluto e ci mangio sopra. Coperta di scorie si fa ancora più intrepida perchè celata allo sguardo, si insinua e fa male. Poi fuori dalle quattro mura, nell’aria del quinto piano, il vento tiepido scorre continuo e i raggi solari spandono la schiena e la pelle di caldo piacere. I cinguettii sottili schermano l’ambiente naturale nella città loquace. Il tepore smorzato dalla brezza penetra le ossa e si scaglia lucente tra le membra, combatte nel sangue nero con audacia, è respinto da sputi e morsi viscidi, ma è infinito. Il tempo fluisce e muta l’aria e la luce e il sole, tutto si adombra, il calore ritorna gelo. I pensieri riemergono dal loro antro, solo il tempo sopravvive.